giovedì 9 dicembre 2010

# 6

il paese è tra le montagne rocciose, a 50 km da denver.
nonostante intorno non ci sia assolutamente nulla, il posto si chiama central city. una via con case di legno e intorno molte miniere abbandonate. sotto queste montagne ci sta ancora oro, ma nessuno lo può più cercare, le miniere sono state chiuse 40 anni fa. me lo racconta amerigo, che mi accompagna su per queste strade.
amerigo dall'italia se n'è andato a vent'anni per vivere in america, ed è molto orgoglioso del suo nome. adesso ha 80 anni, porta un cappello a tesa larga e guida in maniera spericolata una grossa jeep bianca.
a central city non c'è molto. a parte la neve, il ghiaccio e enormi palazzi dove hanno messo i casinò. dieci ani fa la città non aveva più soldi, non ci viveva più nessuno, e allora hanno fatto una legge speciale e hanno legalizzato il gioco, come a las vegas. nel giro di un paio di anni il posto si è riempito di grandi alberghi e di casinò, uno per ogni casa.

le strade sono vuote, ma i parcheggi interni sono tutti occupati. sono tutti davanti alle slot machines.
incontriamo donald e suo padre al ristorante di un casinò, ovviamente, il bonanza.
donald è un uomo alto, sui 60 anni, con dei peli lunghissimi che gli escono dalla giacca aperta. è impossibile non notarli. mai visti peli così lunghi.
il padre ha l'età di amerigo, porta un cappello anche lui, ha gli occhiali spessi e una catena d'oro a doppia maglia.
ordiniamo qualcosa da mangiare. io le solite patate, perchè l'hamburger vegetariano non ce l'hanno. mi guardano anche in maniera strana quando lo chiedo.
loro invece bistecche e pollo. la ragazza che ci serve è vestita di rosso con una gonna che sembra plastica, ha il rossetto abbondante e continua ad ammiccare in maniera esagerata. mi spiegano che qua le mance sono molto importanti per sbarcare la giornata, la paga media di una cameriera è di 8 dollari all'ora.
il padre di donald, che si chiama louis, ci racconta di quando suo padre trovò l'oro nella miniera. lavorava 15 ore al giorno e alla fine si prese una piccola concessione tutta sua. nessuno ci credeva a quella concessione, ma suo padre ci lavorò quasi fino ad ammalarsi e alla fine trovò l'oro diventò molto ricco e comprò molti terreni e case. però la moglie l'aveva abbandonato e la gente voleva ucciderlo, per portargli via la concessione. comprò una delle prime auto della zona, con cui fece un viaggio verso la california, dove si piazzò per tutta la vita. abbandonando a sua volta i figli, a cui però aveva lasciato la casa e i debiti.
per tutto il racconto louis ha avuto un pezzo di formaggio attaccato alla barba, ma nè io nè il figlio abbiamo avuto il coraggio di interromperlo. ci pensa amerigo, a dirglielo, per fortuna.

mi portano a vedere qualche miniera intorno al paese.
mi raccontano che nella montagna davanti ci sta sepolto buffalo bill. era di queste parti, e non era un cowboy. aveva messo su un circo e se ne andava in europa a fare pubblicità per il west, a fare propaganda per questa frontiera. era pagato dai grandi concessionari di minere che cercavano manodopera da mandare a scavare giù nella terra. un lavoro pericoloso, dove ci moriva un sacco di gente. e qua arrivavano giapponesi, polacchi, tedeschi e gli immancabili italiani.
in cima al paese ci sono tre cimiteri diversi. il più grande è quello cattolico. una scritta su un asse di legno in mezzo a un prato infinito, e lapidi a perdita d'occhio. tutti minatori dell'età dell'oro. anzi, ex minatori.

quando torniamo in paese sono le 5 ed è già quasi buio. mentre amerigo va a farsi una partita alle slot machines io faccio un giro per il paese.
entro in un negozio che vende cose usate. c'è una donna con i capelli lunghi e bianchi che mi saluta da dietro il bancone, poi continua a parlare al telefono.
il posto è più grande di quello che sembra da fuori. è su due piani ed e ci sono tantissimi alti scaffali con sopra di tutto. io mi perdo a guardare i chiodi delle miniere, che sono numerati e ce ne saranno un centinaio. non trovo pepite e ci resto un pò male. poi prendo delle cartoline a vado verso il bancone.
la donna ha appena finito di parlare con una sua amica. dividono il negozio in 6, e si danno i turni per tenerlo sempre aperto. cercano di seguire gli orari del casinò che non chiude praticamente mai, neanche con le bufere di neve.
mi dice che la sua amica la sera prima ha visto la bambina al piano di sopra.
io non capisco bene, e la guarda con faccia interrogativa.
lei mi dice che la bambina appare ogni tanto, quasi sempre al piano di sopra. aspetta che torni sua madre, e allora quando vede qualcuno nel negozio, soprattutto la sera, chiede della madre.
poi mi dice che il paese è pieno di presenze, è un paese che ha avuto un passato violento e spesso molto triste. e le case sono tutte vecchie, questa dove ci sta il negozio ha oltre cento anni.
io le allungo le cartoline, e non capisco se questa è la storia che racconta a tutti quelli che entrano qua nello store, per dare un certo tono al paese. ad ogni modo è una storia che si addice bene al posto.

entro al casinò per cercare amerigo. lo trovo circondato da tre anziani. una signora ha un tubicino che è collegato a una bombola con le rotelle che si porta dietro da una slot machines a un'altra. i tre anziani guardano amerigo con molta ammirazione, e forse anche un pò di invidia.
lui è molto felice, ha vinto 200 dollari. mi dice che mentre torniamo a denver ci dobbiamo fermare a bere qualcosa, o se voglio possiamo fermarci nel paese. io gli suggerisco che è meglio andarcene prima che diventi completamente buio.
lui acconsente ma butta altre monete nella macchina.
passano venti minuti, e la signora con la bombola mi sta spiegando qual'è la sostanza che passa dal tubicino che si porta dietro. mi dice che la cosa non le dà molto fastidio, ci si abitua. poi si allontana e va a cambiare altri soldi. spera di vincere il jackpot da 100 mila dollari. sta dentro al casinò dalle 10 di mattina, prende il bus da denver e resta qua fino all'ultima corsa serale. tutti i giorni.
amerigo ha perso i soldi, ma è lo stesso contento.
finalmente ce ne andiamo, mentre la sua slot machines è presa d'assolto da quelli che erano gli spettatori.
ci infialiamo sulla jeep bianca, e ci allontaniamo da central city.
gli propongo una fermata al village inn a mangiare una apple pie.
questo forse lo farà viaggiare più tranquillo, e sarà un'ottima rivinciata su quelle macchinette diaboliche.

denver, colorado
23|11|2010

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